C’è fermento qui in Unibas (almeno nel laboratorio di Microbiologia industriale) e quindi partiamo con un piccolo, frizzante e saporito progetto di citizen science. Nel corso di quest’anno vi sfiderò a preparare, in casa, dei cibi fermentati selvaggi, per poi darci appuntamento da qualche parte per assaggiarli e premiare quelli più buoni o fantasiosi. Poi chissà, ne potete fare persino un business
Intorno alle “fermentazioni selvagge” gira tutta una mitologia del salutare, del probiotico, del naturale (provate a cercare “fermentazioni” o “fermentazioni selvagge”, con tutte le loro variazioni in inglese nei vostri social preferiti). Magari non tutto è oro quello che luccica ma sicuramente ci si può divertire spendendo poco. E, siccome io sarei professore di microbiologia (ancora per pochi anni) magari sono un po’ più titolato a parlarne delle migliaia di siti commerciali o amatoriali che affollano la rete.
Il kefir d’acqua.
Per farla semplice iniziamo da qualcosa di veramente elementare, il kefir d’acqua. In breve, è una bevanda fermentata frizzante, lievemente acidula, fruttata, con un bassissimo tasso di alcool, che viene prodotta fermentando zucchero, frutta secca e frutta fresca con i granuli del kefir d’acqua, che sono un’associazione di batteri e lieviti (qualcuno le chiama SCOBY Symbiotic COmmunity of Bacteria and Yeasts) intrappolati in una matrice trasparente formata da polisaccaridi prodotti proprio dai batteri a partire dallo zucchero. Se volete saperne di più basta chiedere (ma chiedere bene) al vostro Large Language Model preferito (Gemini, ChatGPT) o leggere uno dei tanti libri splendidamente illustrati, scritti da cuochi e mistici sulle fermentazioni selvagge. Se invece volete cose più serie provate:
Moretti, A.F., Moure, M.C., Quiñoy, F., Esposito, F., Simonelli, N., Medrano, M., León-Peláez, Á., 2022. Water kefir, a fermented beverage containing probiotic microorganisms: From ancient and artisanal manufacture to industrialized and regulated commercialization. Futur. Foods 5, 100123. https://doi.org/10.1016/j.fufo.2022.100123.
La nomenclatura è un po’ vecchia, ma i microrganismi non si offendono…;
in alternativa:
Lynch, K.M., Wilkinson, S., Daenen, L., Arendt, E.K., 2021. An update on water kefir. Int J Food Microbiol 345, 109128. https://doi.org/10.1016/j.ijfoodmicro.2021.109128
Come farlo
Una ricetta per preparare il kefir d’acqua è (le quantità sono riferite ad un litro di acqua):
- 1 fico secco (in realtà io ne ho comprati di piccoli, ne metterò un tre)
- 1 cucchiaio di zucchero di canna ogni ½ litro di acqua (se volete essere precisi sono 15-20 g per cucchiaio da tavola, quindi direi un 40 g/l al massimo)
- un quarto di arancia biologica
- 20 g di granuli (un cucchiaio?) per litro (I granuli si possono comprare, come ho fatto io, a caro prezzo, o, se leggete ancora, potete vedere come ottenerli da noi)
Ci sono molte altre ricette e sicuramente vale la pena di sperimentare (che tipo di zucchero, che tipo di frutta secca? che tipo di agrumi? e se aggiungo succo di frutta? spezie?) ed è proprio quello che speriamo che facciate.
Gli ingredienti si mettono in acqua non clorata (potete usare acqua filtrata con una caraffa filtrante, acqua minerale non frizzante, acqua bollita e raffreddata) e si lasciano fermentare in un barattolo di vetro chiuso, ma non ermetico per circa 48 h a 20°C. Per giudicare se la fermentazione è finita potete basarvi sui seguenti elementi: il liquido dovrebbe essere chiaramente frizzante (spesso con un po’ di schiuma molto fine, come quella di una birra, sulla superficie); il sapore da dolce, dovrebbe diventare acidulo e fruttato; generalmente la frutta secca e fresca sale in superficie al termine della fermentazione.
Al termine della fermentazione si possono recuperare i granuli con un colino a maglia fine per riutilizzarli, dopo averli lavati in acqua (vedi sopra).
Gli agrumi, se li usate, possono essere spremuti nel liquido residuo che deve essere imbottigliato in bottiglia con tappo a pressione e conservato in frigo, dove continuerà lentamente a fermentare; una puntina di zucchero potrebbe renderlo più frizzante.
I granuli si possono conservare in frigo così come sono per brevissimi periodi o il acqua con un cucchiaino di zucchero in un barattolo chiuso (va bene un barattolo da 200 ml) per periodi più lunghi. Granuli conservati a lungo hanno bisogno di qualche ciclo di riattivazione per funzionare al meglio.
In realtà temperature fra 15 e 25°C dovrebbero andare bene. Se volete vedere come lo abbiamo preparato noi (con un po’ di foto, che non guasta) potete seguire la pagina Facebook de “Il cibo che vorrei”.
Il progetto di citizen science e il contest.
Siccome, ancora per poco (dopo, pensione, musica, tanti viaggi), sono uno scienziato vi vorrei coinvolgere in un piccolo progetto di citizen science: oltre ad essere divertente, aumenterà la vostra consapevolezza sui processi di fermentazione. Alla fine, verso giugno, vedreremo come organizzare una piccola giornata di assaggio e premiazione dei prodotti meglio riusciti.
Chi può partecipare? Chiunque possa venire a ritirare di persona i granuli di kefir (lo starter) o riesca ad ottenerli, attraverso una catena di Sant’Antonio (che però vada documentata) da qualche partecipante (amici, parenti, …)
Cosa fare: una volta ritirati i granuli, scaricate questo file e, per ogni ciclo di fermentazione (potreste voler fare il kefir una volta ogni due giorni, una volta alla settimana, o scocciarvi molto presto) dovete registrare i dati richiesti nella tabella (magari poi mettiamo un piccolo video sulla pagina Facebook. Potete usare la pagina Facebook per postare foto, ricette, per raccontare le vostre impressioni.
Per il resto: restate sintonizzati… all’improvviso organizzeremo un flash mob da qualche parte…