Workshop
Phototelling. Ripensare l’etnografia attraverso i linguaggi visuali
Organizzatrici:
Marina Berardi, Università degli Studi di Roma “Sapienza” (marina.berardi@uniroma1.it)
Chiara Scardozzi, Università degli Studi di Roma “Sapienza” (chiara.scardozzi@uniroma1.it)
Durata: 4 ore
Ciò che la fotografia riproduce all’infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai più ripetersi esistenzialmente. In essa, l’avvenimento non si trasforma mai in altra cosa: essa riconduce sempre il corpus di cui ho bisogno al corpo che io vedo; è il Particolare assoluto, la Contingenza sovrana, spenta e come ottusa, il Tale, in breve la Tyché, l’Occasione, l’Incontro, il Reale nella sua espressione infaticabile. (Roland Barthes, La Camera Chiara)
La fotografia disseminata, protesica e condivisa è ormai una nuova antropologia della vita sociale, quindi a pieno titolo cultura. (Michele Smargiassi, Stati Generali della Fotografia, Roma 6/4/2017)
Finalità pratiche:
Osservare – interpretare – rappresentare. Intorno a queste azioni si organizzano i processi creativi e conoscitivi dell’antropologia e della fotografia come pratiche relazionali basate sull’incontro e la narrazione. Due forme di scrittura, due modi per raccontare il mondo, due atti di conoscenza, due linguaggi con una propria storia, grammatica, capacità narrativa, con specificità metodologiche proprie, ma anche linee di contatto. E’ su questi punti di intersezione che si sviluppa il workshop, pensato come momento di riflessione e scambio attraverso un approccio esperienziale e visuale, in cui ragioneremo sulla parte “visiva” delle nostre ricerche, considerando come la fotografia, oltre a rendere visibili i contenuti della ricerca, può essere pensata anche come vera e propria metodologia di intervento, pratica restituiva e/o narrazione autoriale autonoma, nell’ambito dell’ibridismo disciplinare e di linguaggi caratteristico dell’antropologia applicata allo spazio pubblico. Che posto hanno le immagini all’interno della ricerca? Possono costituire un prodotto autonomo? Può la fotografia essere metodo di indagine, strumento di comunicazione e inclusione sociale? Come affinare lo sguardo? Cosa raccontare attraverso le immagini? A chi vengono mostrati/restituiti i prodotti della ricerca?
Modalità di conduzione:
Dopo una prima parte introduttiva, in cui prenderemo in esame una selezione di lavori contemporanei autoriali di fotografi e antropologi, analizzeranno insieme il materiale che ogni partecipante vorrà condividere all’interno del workshop, con l’obiettivo di dare luogo ad una vera e propria lettura delle immagini attraverso l’analisi dello scattato e dei modi in cui si è orientato lo sguardo, per far sì che le fotografie possano essere organizzate come racconto autonomo connesso alle etnografie e lo sguardo antropologico come filtro per la produzione di immagini.
Destinatari e criteri di selezione:
Il workshop è aperto a coloro che hanno formazione antropologica avanzata e siano interessati a sviluppare il linguaggio visuale della ricerca e/o a lavorare su un corpusautonomo di immagini ai fini editoriali, formativi o restitutivi. Ai partecipanti si chiede di portare in versione digitale un portfolio fotografico (terminato o in progress) su cui si lavorerà in loco. Il workshop è destinato ad un massimo di 15 partecipanti. Gli interessati dovranno inviare una nota biografica, la presentazione del progetto/ricerca (max. una cartella), le foto in bassa risoluzione (max. 35) in un unico file pdf. L’analisi dei lavori e le letture portfolio verranno effettuate esclusivamente con le persone selezionate. Il workshop è inoltre aperto a un numero di 10 ascoltatori non partecipanti che potranno assistere ai lavori. Chi desidera partecipare solo nel ruolo di ascoltatore, può inviare una richiesta via mail, spiegando brevemente le motivazioni del suo interesse (max 100 parole).
Breve bio delle organizzatrici
Marina Berardi
Antropologa culturale e fotografa, specializzanda presso la Scuola di Specializzazione in Beni Demo Etno Antropologici dell’Università di Roma “Sapienza”. Vincitrice nel 2013 del Nikon Talents con alcuni scatti realizzati in Etiopia. Riceve inoltre menzioni e segnalazioni anche ad altri concorsi internazionali come IPA, Px3, Sony World Photography Awards. Nel Novembre 2016 ha collaborato con la Missione Archeologica Italo-Irachena ad Abu Tbeirah (Iraq meridionale) come antropologa culturale e fotografa. Attualmente è impegnata in alcuni progetti di ricerca antropologica coordinati dal Dipartimento di Storia Culture Religioni dell’Università degli Studi di Roma “Sapienza”. Alcuni scatti del lavoro fotografico Dreaming Iraq vengono pubblicati da National Geographic Italia. I progetti mirano ad avere una connessione con la formazione antropologica e quindi l’attenzione è sulle condizioni umane, storie di vita, e pratiche rituali.
Chiara Scardozzi
Antropologa culturale e fotografa, dottoranda presso l’Università di Roma “Sapienza” (Dipartimento di Storia, Culture, Religioni). Dal 2009 vive e lavora tra l’Italia e l’America Latina, dove sviluppa la sua attività di ricerca. Nel 2014 riceve il “Premio Francesca Cappelletto” per la migliore tesi magistrale nell’ambito dell’antropologia applicata. E’ ricercatrice per la Missione Etnologica Italiana SudAmerica-Mercosur e membro del comitato scientifico della Red Multididciplinar sobre Pueblos Indigenas – Red EMPI. E’ cultrice della materia presso la cattedra di Antropologia Culturale, Facoltà di Lettere e Filosofia (Dipartimento di Storia Culture Religioni, Sapienza) e presso l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo. Nel 2015 vince una borsa di studio presso la Scuola Romana di Fotografia e Cinema, dove consegue il diploma di Master in Reportage e Ricerca personale creativa. Si avvale della fotografia quale ulteriore strumento di indagine, interpretazione e rappresentazione della realtà; partecipa a diversi progetti in Europa e in Argentina, ricevendo diversi riconoscimenti e premi. Dal 2017 collabora con il National Geographic Italia.