Cynthia Schulz
Kingston University, London (UK)
«La terra parla a tutti noi»: ecologia queer ne Il castello nel cielo di Miyazaki
Il mio intervento prenderà in esame il film Il castello nel cielo (Miyazaki, 1986) da una prospettiva ecologica queer, nel rifiuto della semplice contrapposizione tra “naturale” e “innaturale”. Prima produzione di Hayao Miyazaki per lo Studio Ghibli, il film anticipa argomenti contro la guerra e a favore dell’ambientalismo riproposti poi dal regista nei suoi lavori successivi. Da un punto di vista filosofico, e in particolare per quanto riguarda implicazioni di matrice heideggeriana, l’opera di Miyazaki è stata studiata da ricercatori come Thomas LaMarre (2009), che ne hanno evidenziato la prospettiva tipicamente non antropocentrica e la visione specificamente ecologica. Tuttavia, Il castello nel cielo (1986) offre anche significati utili alla comprensione del pensiero ecologico più recente, e consente ulteriori riflessioni su come i nuovi concetti elaborati in questo contesto possano essere applicati al lavoro di Miyazaki. Con particolare riferimento alla fenomenologia queer di Sara Ahmed (2006), che sostiene l’esistenza di un contesto etero-normativo dal quale un soggetto può evadere solo attraverso un oggetto queer che entri nella sua sfera, il mio intervento mostrerà come il robot del film di Miyazaki operi proprio come elemento queer che, precipitando in un mondo etero-normativo, porta alla distruzione del castello, che figurativamente simboleggia il trauma subito. Il robot opera pertanto come elemento attivo, efficace per evidenziare l’utilità di un’ecologia queer e il significato della sua assenza. Il mondo di superficie rappresentato nel film di Miyazaki (1986) simboleggia il contesto eteronormativo non-ecologico, fondato su una concezione prettamente dualistica, mentre Laputa (il castello volante nel cielo) funge invece da simbolo del contesto ecologico queer. Conseguentemente, Laputa rivela un’armoniosa unità tra elementi “naturali”, etero-normativamente considerati come la natura stessa, ed elementi “innaturali”, rappresentati dai robot, un’unità che contraddice il presupposto dualismo. L’opera di Miyazaki esprime così non solo l’unità tra essere umano e natura, ma anche l’integrazione della tecnologia in un contesto ecologico, seguendo implicitamente i principi Shintō, e fornisce anche una acuta riflessione sul confine tra vivente e non-vivente, in linea con quanto recentemente sostenuto dal filosofo Timothy Morton (2010). In conclusione, il mio intervento promuove una nuova riflessione sull’opera di Miyazaki per riconsiderare il modo in cui l’ecologia può essere concepita attraverso il cinema.
Cynthia Schulz è laureata in cinema presso la Kingston University di Londra e concentra il suo lavoro principalmente su ambientalismo, femminismo, teoria queer e animazione. Ha recentemente scritto articoli sulla teoria queer nel cinema dell’Asia orientale, sulla filosofia di Heidegger e sull’eco-femminismo. La sua prossima tesi di master si focalizzerà sul lavoro di Hayao Miyazaki, dando ulteriore significato a una sua lettura in chiave heideggeriana secondo una prospettiva specificamente eco-femminista. Ha in programma di ottenere un dottorato di ricerca con un progetto sull’ecologia filmica nel cinema orientale.