Chiara Dionisi
Università Roma Tre (Italia)
Alberi di Michelangelo Frammartino
Il culto arboreo di una terra tra mito antropologico e racconto ecocritico
La presente proposta vuole prendere in esame l’ultima opera videografica di Michelangelo Frammartino, analizzandola nel contesto della tradizione secolare di una regione e delle narrazioni antropologiche che da sempre ne hanno negoziato demartinianamente la storia. Rivelatosi nel panorama contemporaneo come un autore dall’indubbio sguardo sensibile all’interazione fra uomo e ambiente, attento a formulare un preciso linguaggio che nobiliti questa interdipenenza, Frammartino si impone nell’immaginario visuale come una personalità a metà fra l’antropologo e il poeta, camminando con maestria registica fino alla sua ultima sinfonia visiva: un condensato lirico di cinema del reale che conferma la vicinanza del cineasta ai riti ancestrali del nostro Bel Paese celebranti il vitalismo del mondo. L’intento è dunque quello di avanzare un’interpretazione ecocritica dell’opera in relazione al culto arboreo lucano e alle sue declinazioni, offrendo l’intreccio di una trama di storie che paiono dialogare con il progetto politico di Luigi di Gianni e il Mezzogiorno agrario, la riattivazione di antichi costumi popolari, i nuovi significati di cui si vestono all’interno della comunità, la rappresentazione di un territorio come bene culturale, come paesaggio da tutelare: il racconto di un’estetica che è anche una dichiarazione di etica.
A onor del vero, l’ecocritica è una metodologia che nasce in seno alla teoria letteraria per sfruttare le potenzialità narrative della letteratura al fine di tracciare le implicazioni estetiche ed etiche delle relazioni uomo-ambiente che hanno animato una determinata epoca, facendone il filtro per una ”educazione a vedere” le tensioni ecologiche del presente (Iovino, 2006). Sebbene si tratti di una prospettiva disciplinare che ha dovuto sgomitare non poco per avere una voce nel dibattito italiano, da qualche tempo alcuni pensatori ne hanno tirato le fila, e riteniamo sia giunto il momento di farlo anche dal punto di vista delle arti visuali; punto di vista che avanziamo in questa proposta, salutando con gioia l’apertura di questo convegno. Difatti, si ravvede la necessità di colmare l’assenza di un discorso culturale sistematico sui rapporti fra l’ecocriticism e gli studi di cinema, per vedere in quali maglie del pensiero italiano questo orizzonte di ricerca possa trovare un giaciglio. L’idea di offrire un contributo a questo mare per nulla o appena solcato in Italia, partendo dalla poetica di Frammartino, ci pare un buon modo di rilanciare spunti di riflessione sulla tradizione emotigena più antica dell’uomo: l’abilità di narrare storie in relazione ai mondi che abitiamo.
Chiara Dionisi è Dottore di ricerca in Paesaggi della città contemporanea. Politiche, tecniche e studi visuali – curriculum Cinema e cultura visuale – dottorato promosso dal Dipartimento di Filosofia, comunicazione e spettacolo e il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi Roma Tre. A conclusione del percorso accademico ha discusso una tesi dal titolo L’animismo nella teoria del cinema. Estetiche e scritture del sensibile tra studi visuali e pensiero ambientale. Un progetto che ha aperto le porte alle environmental humanities e che attraverso gli strumenti analitici e teorici del discorso ecocritico ha esplorato i topoi ambientali che tessono la letteratura del cinema sin dai primi scritti, a partire da un’indagine storica, antropologica e filologica sul concetto di animismo. La sua ricerca incrocia gli studi storici e teorici del cinema e delle arti visive in relazione alla prospettiva umanistico-ambientale, la paesistica e la teoria letteraria. Ha partecipato a convegni in linea con i suoi interessi scientifici e pubblicato saggi in riviste e in volumi collettanei. Attualmente è interessata all’area degli Italian Studies e al rapporto tra il pensiero ecocritico italiano e la produzione filmica nazionale.